nonsolomodellini Admin
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| Titolo: Die-cast: la storia in breve dei modelli in pressofusione Gio 1 Lug 2010 - 12:11 | |
| Una storia del die-cast non poteva mancare in un sito che tratta principalmente modellini prodotti con questa tecnologia messa a punto ai primi del '900. Fare una storia dettagliata, menzionando tutti gli attori che si sono succeduti nel tempo e che hanno rivestito, a vario titolo, importanza nello sviluppo del modellismo-collezionismo in die-cast, sarebbe un lavoro non presentabile in una pagina web, notoriamente pensata per una lettura veloce e stringata; ecco allora una storia breve, scritta coi punti salienti che l'hanno tracciata; che ognuno potrà poi ampliare a suo piacere. Il tutto proposto, come sempre, con passione e senza pretesa alcuna ma solo con la pazienza di chi raccoglie voci, informazioni e ricordi, fra le righe di internet, coi racconti degli amici e nei flash della propria corteccia cerebrale.
I modelli in scala delle automobili sono praticamente nate con l'automobile stessa; già dall'inizio del '900 in Europa, in particolare in Germania, si producevano modellini in latta, detta anche “banda stagnata”: i marchi di allora erano Marklin, che poi proseguirà la sua strada fino ai giorni nostri diventando col tempo uno dei nomi-mito del modellismo mondiale, Bing e Carette. Erano giocattoli costosi destinati ai bambini delle famiglie più agiate ed erano realizzati in scale generalmente grandi, tra l'1:8 e l'1:20 circa o addirittura più grandi e guidabili in prima persona dai piccoli piloti di allora; famose le repliche delle Citroen degli anni venti prodotte dal costruttore stesso a misura di bambino.
Molti dei modelli in latta di produzione tedesca, perlomeno quelle più pregiate, erano corredate di sistemi di movimento con motori a molla, con meccanismi mutuati dall'industria orologiaia, o con veri e propri sistemi di propulsione a vapore. Nel secondo decennio del novecento un altro produttore tedesco, Schuco, inventò sistemi nuovi applicati a modelli in latta quali la sterzata automatica in presenza di un vuoto di piano, il comando pneumatico o, addirittura, le quattro marce nei modelli “examico”. I modelli in latta divennero sempre più precisi e raffinati ma allo stesso tempo entrarono a far parte del giocattolo di massa. Dopo i modelli pitturati a mano giunsero quelli "stampati", litografati per esser precisi, e comparveo le ruote in gomma (prima erano anch'esse in latta). Dopo la seconda guerra mondiale ai produttori storici si aggiunsero altri europei, sempre in prevalenza tedeschi o comunque nordici, quali Gama, ma ci fu anche un buon successo di questo tipo di modelli in Giappone, da dove Bandai partì per farsi conoscere anche in Europa e negli Stati Uniti divenendo in breve uno dei maggiori produttori di giocattoli mondiali. Negli Stati Uniti era ampia la produzione di tali giocattoli, data anche la diffusione delle auto che era già molto più avanzata che nel nostro continente, ma lo scambio commerciale era di poco conto e le conoscenze dei reciproci prodotti ne risentiva di conseguenza. I modelli in latta erano però destinati ad essere surclassati dall'arrivo di modelli nuovi, avvenuto in sordina già prima della seconda guerra mondiale, e che dopo di essa ebbero la consacrazione definitiva; essi sfruttavano una nuova tecnica di produzione, la pressofusione, ossia i die-cast.
I primi die-cast videro la luce negli Stati Uniti negli anni '20 ad opera della Tootsietoy alla quale fecero seguito, negli anni '30, la francese Solido, l'inglese Dinky by Meccano e la tedesca Marklin; la vera mattatrice del boom del die-cast fu però la Dinky by Meccano, poi Dinky Toys, che al riavvio della produzione post bellica (II° Guerra Mondiale) già vantava un catalogo preesistente di tutto rispetto che ben presto ampliò a dismisura raggiungendo ritmi e volumi produttivi da capogiro. Fino al 1956 l'unico marchio che contrastò Dinky Toys (in qualità ma mai in quantità) fu Solido con la sua serie di modellini di grande valore della serie 100; in misura minore, vista la diversa natura dei prodotti proposti, anche la Matchbox fece la sua parte. Proprio in quell'anno, però, fece la sua comparsa sul mercato la Corgi Toys, inglese anch'essa, destinata a diventare in pochi anni la prima concorrente di Dinky Toyse e poi, addirittura, a divenirne proprietaria per alcuni anni. Con l'arrivo della Corgi Toys le cose cambiarono ed i modellini acquistarono vita, particolari e dettagli che fino ad allora erano stati trascurati; questo processo migliorativo parteciparo no anche Dinky Toys e Solido, anche perchè in parte costretti dall'arrivo di Corgi Toys. Questa improvvisa vitalità preclude ad anni di vero fulgore del die-cast: gli anni '60.
Gli anni '60 furono testimoni di vari boom, veri o falsi che siano stati, e fra questi ci fu anche il boom del die-cast; Inghilterra, Francia e Germania la fanno da padrone, con piccole realtà quali la danese Tekno o la spagnola Joal, ma probabilmente questi anni furono molto importanti per il die-cast italiano che presentò delle realtà di tutto rispetto e spesso di livello superiore alla concorrenza: Politoys, Mebetoys, Mercury, Ediltoys fissarono regole nuove del die-cast nella scala canonica, l'1:43, con le loro realizzazioni accurate, multiapribili, dettagliate e rifinite al meglio. In questi anni una miriade di marchi nascono e guadagnano simpatie e porzioni di mercato; alcune arrivano fino ai giorni nostri, altre scompaiono lasciando un segno, molte finiscono nel dimenticatoio, ma tutte, indistintamente, alimentano il fuoco della passione per i modellini in scala e, comunque, la stragrande maggioranza dei marchi oggi conosciuti dai più sono nati in questi anni.
Gli anni '70 si preannunciano difficili; è del 2 Dicembre 1973 il primo provvedimento di fermo delle auto per l' “austerity” dovuta alla crisi petrolifera seguita alla Guerra del Kippur, ma le basi, evidentemente solide, gettate nel decennio precedente, unite alla proverbiale inventiva italiana, fanno nascere una nuova era del die-cast, quello delle “grandi scale”, l'1:24 e l'1:18. In seguito al momento di crisi mondiale le fabbriche di modellini adottano sistemi di risparmio nella produzione che portano, inevitabilmente, ad una perdita di qualità dei modellini che vengono proposti sempre più in versioni economiche, senza aperture e con dettagli semplificati; è in questo clima che nascono le “ruote veloci” (o Superfast) che decretano anche, per i collezionisti, un limite preciso di distinzione temporale per la classificazione degli obsoleti. Ed è in questo stesso clima di stasi che l'Italia del die-cast presenta i suoi modelli in scala 1:25, Martoys prima (che diventa poi Mebetoys) e poi Politoys ai quali si accoderanno a seguire tanti altri marchi, vecchi e nuovi, che sfrutteranno ancora gli apripista italiani, Burago e Polistil, per la scala 1:18 (Polistil 1:16). Questi “modelloni”, di fattura non sempre eccelsa, anzi spesso più vicina al giocattolo che non al modellino da collezione classico, hanno una grande presa sul pubblico adulto oltre che sui bambini ed è questo, probabilmente, il fattore più importante per il loro successo immediato; successo che dura tuttora.
Gli anni '80 sono quelli che assistono al consolidamento del mercato delle scale maggiori, alla scomparsa dei marchi storici del die-cast, iniziata già nella prima metà degli anni '70, che erano rimasti ancorati, coerentemente ma pericolosamente, alla scala 1:43, senza riuscire più a proporre modellini del livello di quelli proposti negli anni '60 (con i dovuti aggiornamenti tecnologici possibili) a prezzi adeguati e concorrenziali rispetto ai modelli in scala maggiore. Nascono in questi anni molti marchi artigianali di produzione di automodelli in scala 1:43 che sfruttano proprio questa mancanza della grande produzione per proporre al pubblico dei collezionisti classici modelli altrimenti inacquistabili; nella maggioranza dei casi non sono dei veri e propri die-cast, intendendo come tali quelli ottenuti per pressofusione di una lega metallica, anche se con la stessa tecnica posso essere fatti utilizzando resine plastiche, ma rivestono un momento comunque importante del collezionismo di automodelli; resina e metallo bianco sono i materiali più usati per questi modelli, spesso realizzati in kit di montaggio non sempre alla portata di tutti, che permettono di collezionare veramente di tutto e di più, nelle più disparate versioni e livree possibili, marchi automobilistici a volte sconosciuti, modelli anche mai realizzati ma solo presentati come prototipi, ecc.
Gli anni '90 sono quelli della svolta ad Oriente e del mercato on-line; fin dalla seconda metà del decennio precedente si cominciavano a stabilire i processi produttivi extraeuropa, per meri fattori economici: la manodopera costava molto meno. Negli anni '90 tale processo diventa obbligato praticamente per l'intera produzione; sporadici i casi in cui si continua a produrre a casa propria e tra questi ci piace sottolineare il marchio italiano Brumm, 100% italiano. In Cina vengono trasferite le produzioni della stragrande maggioranza dei marchi, nessuna nazione esclusa, europea o americana che sia; addirittura nascono nuovi marchi a capitale e dirigenza europea che fin dall'inizio producono in Cina, e parliamo di marchi d'elite quale CMC, leader di qualità nella scala 1:18. Dalla Cina proviene ormai tutto, o quasi, il prodotto attuale che ha a che fare con il die-cast, sia esso “low cost” che di pregio.
In questi anni c'è anche la crescita, ancor più pressante negli anni a seguire, del mercato on-line del die-cast; negozi e mercati (ebay in primis) hanno dapprima limitato e poi decretato la fine del negozio tradizionale, che è rimasto presente in misura marginale rispetto agli anni precedenti, e che hanno così dato la possibilità di raggiungere, e a volte conoscere, modelli altrimenti mai acquistabili presso i normali canali di vendita. Il mercato delle aste online ha generato anche un processo negativo, perlopiù a scapito dei collezionisti di modelli non più in produzione, con valutazioni sovente esageratamente elevate.
Un altro momento interessante nella storia del die-cast degli anni '90 è quello scandito dall'uscita delle prime collezioni a tema proposte da alcune case editrici e in distribuzione presso le edicole. Queste collezioni, prevalentemente in scala 1:43, nate in sordina, hanno oggi raggiunto una notorietà tale da essere divenute, malgrado spesso criticate per molti aspetti, un punto fermo del mondo del collezionismo dei die-cast. I suoi punti positivi sono diversi: la collezione a tema, che permette di avere una panoramica, più o meno fedele, della storia di un marchio automobilistico o di un evento storico dell'automobilismo sportivo o di uno specifica tipologia di mezzo, ecc.; il prezzo relativamente modesto dei modellini, ai quali è sempre accluso un fascicolo sul tema della collezione che andrà a costituire uno o più volumi finali; la periodicità e la sicurezza di avere l'oggetto senza doverlo cercare in giro per negozi; la qualità media del prodotto, spesso uguale ai modellini venduti in negozio a prezzi molto più alti e prodotti dagli stessi marchi. I lati negativi, ovviamente, ci sono ed ognuno troverà i suoi, ma forse il maggiore è che questa forma di collezionismo rischia di diventare compulsiva, di diventare un accumulo di modelli, spesso ripetuti, che alla fine sono solo un'esposizione di pezzi senza un filo logico, togliendo ogni valore al collezionismo “ragionato”. Certo è che alle “edicolose” va riconosciuto il merito immenso di aver riaperto un mercato stanco, una passione sopita per molti, un interesse per una scala, l'1:43, che aveva perso parecchio smalto. Questo ha riacceso tutto il resto e non per caso in questi anni sono tornati alla ribalta anche vecchi marchi, nel frattempo acquisiti da nuovi industriali, che li hanno riproposti; spesso facendo riedizioni di vecchi modellini ma anche proponendo nuovi prodotti.
Gli anni 2000 sono sotto gli occhi di tutti, se ne parlerà analizzandoli fra qualche anno; per ora si può dire che si sta assistendo ad un consolidamento dei tratti visti nel decennio precedente con alcuni passaggi di proprietà e cambi di gruppo, rinascite di marchi scomparsi, e avanzamento, sia di numero che di qualità, di prodotti totalmente cinesi; ma anche, purtroppo, di fatti poco piacevoli quali la comparsa di casi di metal fatigue su modelli di noti marchi, sia dell'1:43 che dell'1:18, su modelli di produzione recente e non “obsoleti”; alcune voci parlano di materiali scadenti utilizzati per risparmiare sulla produzione e purtroppo questo, in momenti di crisi, è la prima cosa che ne risente. Quello che fa ben sperare è che nel frattempo si sta assistendo anche, come contrapposto, ad un affinamento delle tecniche progettuali e costruttive che sta generando tutta una serie di prodotti di alto livello del dettaglio dei particolari e della rispondenza al modello reale. copyright@eigi
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